Il mondo online non gira intorno a te
L'illusione della personalizzazione e perché siamo convinti che internet ci parli direttamente.
Scorro i commenti sotto un post Instagram di una food blogger che ha condiviso la ricetta di una torta al cioccolato. Tra i tanti: "Ma io sono intollerante al lattosio", "Io al posto dello zucchero cosa posso usare?", "Ma se non ho la farina di tipo 1 va bene la 00?".
Mi viene da sorridere. Non per le domande in sé, che sono legittime, ma per quell'implicito "io" che sembra aspettarsi che ogni contenuto online sia stato confezionato su misura per rispondere alle proprie esigenze specifiche.
Breve premessa
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L'asimmetria della comunicazione digitale
La rivoluzione digitale ci ha messo al centro dell'universo. Gli algoritmi ci conoscono così bene che quando apriamo TikTok o Instagram sembra che qualcuno abbia creato quel feed apposta per noi.
Tutto questo ci ha fatto credere che il mondo digitale giri intorno a noi. Ma c'è una verità che dobbiamo accettare: non siamo i protagonisti del grande film chiamato Internet.
C'è un malinteso di fondo nella comunicazione online.
I creators parlano a migliaia (a volte milioni) di persone contemporaneamente, mentre noi rispondiamo come se stessimo chiacchierando con un amico al bar.
È un'asimmetria comunicativa che genera aspettative irrealistiche. I creator producono contenuti one-to-many, ma riceviamo questi messaggi in spazi intimi – il nostro telefono, il nostro divano – creando l'illusione di un rapporto one-to-one.
Quando commentiamo "ma io non ho questo ingrediente" su una ricetta vista da centomila persone, non stiamo considerando questa sproporzione. È come urlare una domanda personale a un attore sul palco e aspettarsi che interrompa lo spettacolo per risponderci individualmente.
I social media hanno cancellato visivamente questa distanza, facendoci dimenticare che dall'altra parte non c'è una persona che parla solo con noi, ma un comunicatore che si rivolge a un pubblico vasto ed eterogeneo.
La responsabilità condivisa
C'è una responsabilità che appartiene sia a chi crea che a chi fruisce dei contenuti.
Da un lato, i creator potrebbero essere più trasparenti sul fatto che stanno parlando a un pubblico diversificato, evitando frasi come "questo è perfetto per te" che alimentano l'illusione di personalizzazione.
Dall'altro, noi utenti potremmo allenarci a una maggiore consapevolezza: quel video/post/articolo esiste indipendentemente da me e dal mio coinvolgimento. Non è stato creato per risolvere i miei problemi specifici, né deve conformarsi alle mie aspettative individuali.
La comunità come antidoto
Ciò che rende davvero speciale l'esperienza online non è l'illusione di un contenuto personalizzato, ma il senso di comunità che si crea intorno ad esso.
Quando smettiamo di pensare al nostro rapporto con i creator come a una relazione esclusiva e iniziamo a vederlo come parte di un'esperienza collettiva, qualcosa cambia.
I commenti diventano uno spazio di dialogo tra pari, non solo richieste individuali di attenzione. Emergono conversazioni laterali, scambi di esperienze, confronti costruttivi. La sezione commenti passa dall'essere un elenco di "ma io..." a un luogo dove persone con interessi simili si incontrano e imparano le une dalle altre.
È in questa dimensione comunitaria che troviamo il vero valore della comunicazione digitale. Non nella personalizzazione estrema, ma nella condivisione di esperienze che ci fanno sentire meno soli e più connessi, anche quando ci rendiamo conto che quel video o quel post non parlava specificamente a noi.
A proposito
Il libro “The filter bubble” di Eli Pariser esplora proprio come la personalizzazione algoritmica ci ha isolati in bolle digitali dove vediamo solo ciò che ci piace.
Se volete fare una risata, esiste un intero subreddit chiamato "I didn't have eggs" dedicato agli screenshot dei commenti più assurdi sotto le ricette online. Una vera miniera d'oro di narcisismo digitale.
Chi invece ha capito perfettamente come gestire l’asimmetria della comunicazione è @sidandlisten su TikTok. Nei suoi video di consigli, ripete spesso la frase "se pensi che non funzioni o non fa per te, non farlo" - un promemoria semplice ma potente che sta semplicemente condividendo la sua esperienza, non imponendo uno standard universale.
Parliamone
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