Il Mulino che vorrei esiste ma non si vede
La Mulino Bianco compie 50 anni di carriera e mette in vendita il casolare simbolo del brand. Una vendita che racconta qualcosa di più su come sia cambiato il concetto di famiglia
Lo dico subito: i miei preferiti sono gli Abbracci. E a seguire i Pan di Stelle, che però dal 2007 non sono più della Mulino Bianco.
Questi sono i biscotti della mia infanzia che anche se non compro più (i miei pre ciclo potrebbero dire il contrario) fanno parte della mia vita.
Il fatto è che ognuno di noi ha dei ricordi legati alla Mulino Bianco.
Parliamo di un’azienda con 50 anni di storia che si è infilata nelle nostre storie e nelle nostre case, e che non ha mai venduto solo dei prodotti culinari ma anche una precisa idea di famiglia.
Un’idea che oggi non esiste più se non in una pseudo-nostalgia che fa acqua da tutte le parti.
Breve premessa
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La nascita dello spot famiglia
Nel 1990 la Barilla affidava a Giuseppe Tornatore il racconto della prima famiglia italiana da “Mulino Bianco” e a Ennio Morricone le musiche.
Lo storytelling della pubblicità era preciso: un papà in giacca e cravatta bloccato nel traffico, due bambini piccoli, un nonno che fatica ad attraversare la strada e una mamma-insegnante che guarda fuori dalla finestra sognante.
Tutti loro vorrebbero vivere in una casa nel verde.
La casa del Mulino Bianco.
L’azienda quest’anno festeggia 50 anni di carriera e quella casa è in vendita.
Già, perché il mulino della Mulino Bianco esiste davvero. È una struttura del XIII secolo costruito dai monaci dell'Abbazia di Serena a Chiusdino, un comune del Senese, e restaurato dal gruppo Barilla negli anni 80. Oggi si può comprare al prezzo di un milione e 450mila euro.
L’impressione è che ad essere in vendita non sia solo un luogo fisico, ma un pezzo fondamentale della storia italiana. In quel mulino, per molti anni, è stata messa in scena una visione di famiglia ideale basata su stereotipi che oggi appaiono stantii e che forse non sono mai stati davvero “veri”.
Liberiamoci dal marketing nostalgico
Mulino Bianco ha fatto tesoro della nostalgia per decenni, creando una forte identità legata al quel casolare: dallo spot di Tornatore, a Banderas che fa i biscotti con la gallina Rosita. Raga, la gallina Rosita. Mitica.
In occasione dei suoi 50 anni, il brand ha spinto ancora di più sull’effetto nostalgia: in piazza Gae Aulenti, a Milano, ha realizzato un’istallazione immersiva che riproduceva l’iconico Mulino. E in Tv, a sottolineare l’importanza che il brand ha sempre dato alla comunicazione, è tornato in onda il “Piccolo Mugnaio”, un richiamo a uno degli spot storici del marchio.
Questa eco perenne al passato, idilliaco e utopistico, quanto può reggere in una società dove i consumatori sono cambiati e sono decisamente meno innamorati della “famiglia da Mulino Bianco”?
Il Mulino che vorrei è già qua
Nel Mulino che vorrei (altra felice trovata pubblicitaria del marchio) la famiglia non è perfetta perché le famiglie non sono perfette. Sono incasinate, si scontrano, si perdono, si rompono, si reinventano. Sono famiglie reali che rispecchiano una società che spesso fatica a farsi una famiglia o a vivere nella propria.
Penso a me, 30 anni suonati, che vivo in un bilocale di Milano. Una parte della mia famiglia sono i miei genitori, divorziati, che vivono nel Sud Italia. Un’altra parte della mia famiglia sono i miei migliori amici, sparsi per l’Italia. E un’altra parte ancora della mia famiglia sono io, la mia solitudine scelta, la mia voglia di vivere così.
Nessuna di queste parti è perfetta, nessuna è mai stata trasmessa in uno spot della Mulino Bianco eppure ognuna di queste parti è vera. Esiste.
Se avessi un milione e 450 mila euro comprerei quel casolare, ci metterei dentro una ventina di galline Rosita, e aprirei le porte a tutte le famiglie - arcobaleno, miste, monoparentali o multietniche. Le nostre famiglie
A proposito
In questo articolo si ripercorre la storia pubblicitaria della Mulino Bianco, spoiler: c’è anche la mano di Fellini e di Dario Fo.
Una canzone che potrebbe essere utile recuperare.
E anche una serie tv molto carina dove delle persone a caso vivono in un ospedale dismesso e creano nuclei familiari molto particolari. Si chiama Crashing ed è stata ideata e scritta da Phoebe Waller-Bridge.
Parliamone
Lo so che dovrei chiedere quale è il vostro concetto di “famiglia”, ma la verità è che sono curiosa di sapere quali siano i biscotti della Mulino Bianco del vostro cuore.
Ci facciamo una chiacchierata?
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Sarebbe bello vedere la normalità delle famiglie, senza che venga percepita come qualcosa da aggiustare e da filtrare (e venti milioni di pacchi di Nascondini!)
Però incredibile la potenza di questo spot e di come faccia parte del nostro immaginario collettivo e nel nostro linguaggio. Senza farlo apposta, ho letto questo post poco dopo aver scritto “nel mulino che vorrei” a un amico con cui parlavo di futuro. Io non so dirti cosa sia un mondo senza quel mulino (sono classe ‘90 come lui), vivo in un monolocale a Milano come te e la mia famiglia è molto simile alla tua. Credo che la nostra generazione, purché consapevole che non avrà quel mulino (purtroppo o per fortuna) in fondo, in fondo un po’ quel mulino vorrebbe esistesse per sempre così com’è.
+ tantissimi Baiocchi 🫠