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Avatar di Elena Sacco

D'accordo al 100%. Da grande estimatrice della radio (ma non ci sono più i DJ di una volta), i podcast sono stati una ventata d'ossigeno ed è proprio con Veleno che ho iniziato ad ascoltarli. Poi mi sono stufata del "tutto uguale". La stessa minestra scaldata 100 volte, poca diversità, tanto bla bla bla che non tocca le corde del "mai sentito dire/pensare". Ora mi concentro sui post di informazione, e il mio preferito è Morning, de Il Post.

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Avatar di Marta Delpiano

Grazie per averlo scritto così chiaramente.

Raccontare storie, e raccontarle bene, è forse oggi la parte più difficile del gioco. Non solo perché richiede tempo, concentrazione e intenzione, ma anche perché forse non sappiamo più a chi stiamo parlando. La mia è una provocazione aperta: il nostro pubblico è ancora pronto a restare? A seguire una narrazione senza scorciatoie visive?

Mi chiedo anche se questo “appiattimento” sia già arrivato anche alle newsletter, o se sia uno degli ultimi spazi rimasti saldi. La mia sensazione è che piattaforme come Substack siano ancora un rifugio per contenuti in un certo senso più veri: non che non ce ne siano anche su altre piattaforme, ma proporzionalmente penso che qui, chi legge, deve scegliere di farlo. Deve arrivare fino in fondo. Deve impegnarsi. E questo gesto semplice, ma attivo fa la differenza.

Le mie sono newsletter lunghe (lunghe da leggere e lunghissime da scrivere), e sapendo la tendenza che ha il modo di fruire passivamente i contenuti, so che le leggeranno in pochi: ma quei pochi ci sono, sono i miei pochi, e so che leggono davvero.

Alla fine, credo succeda un po' così: il contenuto povero, prima o poi, perde valore da solo. Lo lasci andare. Ti accorgi che non ti dà più niente (un po' come le persone). E smetti.

Anche solo perché ogni tanto qualcuno ti ricorda, come avete fatto voi, che la qualità si sente. Sempre.

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